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Lo Scenario sta cambiando

“LO SCENARIO STA CAMBIANDO”

Dopo 2 anni di pandemia, a quanto pare adesso c’è una guerra.

Ma è una guerra fuori da noi o anche dentro di noi?

Durante il lockdown, abbiamo capito che dovevamo imparare qualcosa: rallentare, entrare davvero in contatto con noi stessi, diventare consapevoli delle nostre vere paure e degli spazi vuoti delle nostre vite che in un attimo non potevano essere più “riempiti” per non pensarci più: fughe mentali come l’happy hour, la palestra, la cena al ristorante, la partita di calcio e il giro in centro la domenica.

Dovevamo imparare. Lo abbiamo fatto? I risultati ci dicono di no: senza più diversivi, tutte le nostre insicurezze e fragilità ci si sono parati davanti. Forse c’erano anche prima, forse no.

Quello che è certo è che i numeri relativi alla salute mentale sono schizzati alle stelle, e non in senso buono.

Magari qualcosa lo abbiamo imparato davvero: ci siamo resi conto di quanto siano fragili tutti quei “pilastri” che ritenevamo indispensabili (e indistruttibili) nella nostra vita.

Ci sono stati i salvati – quelli che hanno saputo reinventarsi, imparare un nuovo mestiere e rimettersi in gioco. E ci sono stati anche i sommersi – quelli che sono rimasti inermi ad aspettare il ritorno dei vecchi tempi, come un maggiordomo inglese con la divisa sdrucita in un palazzo decaduto. Un’attesa inutile: quei tempi non torneranno più.

Siamo andati avanti, ma in che direzione? Ci siamo arroccati in fazioni opposte per tutto – vaccini, guerre – ma dalle nostre fazioni, ci siamo dimenticati di guardare chi sta intorno a noi: i ragazzi, i nostri figli e nipoti, sono divorati dall’ansia sociale e si rifugiano nei loro smartphone perché quello è un mondo che conoscono, un mondo che è loro amico.

Ne conoscono le dinamiche e all’interno di quel mondo sono loro a determinare da che parte gira il vento.

E la notizia bomba è che la colpa non è degli smartphone. Gli smartphone sono solo il mezzo attraverso cui esprimere un disagio.

La ricerca incessante di certezze in un mondo che ha dimostrato ormai benissimo che no, certezze non ce ne sono (lavoro, casa, amore, relazioni, PUF! Possono sparire in un istante) ci porta a compiere azioni che mai avremmo pensato possibili per noi.

Ma stiamo solo cercando di placare l’attesa, ingannare il tempo cercando disperatamente quelle certezze. E lo schermo sembra il rifugio più sicuro.

Ma come i nostri ragazzi, anche per noi questo è solo uno strumento che maschera un disagio ben più profondo.

Ogni minimo dissenso è fonte di rabbiaperché, perché non la pensi come me? Io ho bisogno che tu la pensi come me altrimenti il mio mondo crolla

Questa rabbia la sentiamo sul nostro corpo. Eppure non molliamo.

Non molliamo quando rispondiamo male al nostro compagno, quando il capo si impunta su una cosa inutile azzerando il nostro morale, quando cerchiamo una perfezione che non abbiamo ancora capito in cosa ci dovrebbe aiutare.

Se ti riconosci in alcuni pensieri e comportamenti che ho espresso sopra, c’è una cosa che devi sapere: l’essere maniaco del controllo è la tua catena.

Una catena che ti tiene fermo e non ti fa andare avanti e raggiungere quegli obiettivi che tanto desideri.

Forse sei cosciente che “tutto è in costante mutamento”, ma magari ti dimentichi che in questo tutto ci vivi, tutti i giorni, tutti i minuti. Anche tu sei in costante mutamento.

E la tua vera forza non è il rimanere sempre uguale, ma l’essere flessibile e adattarti al nuovo mondo che verrà (c’è sempre un nuovo mondo, non lo sapevi?)

E no, essere flessibili non vuol dire farsi andare bene tutto.

Vuol dire decidere noi quali sono le migliori condizioni per fiorire nella nostra vita.

Se sei genitore, il metodo del controllo è la scelta peggiore per i tuoi figli.

In questo modo non li aiuti, ma contribuisci solo a creare un clima di dipendenza per cui lui o lei ti chiederà aiuto per ogni singola cosa, anche quando sarà già bello che adulto.

Magari non ti dispiace affatto, anzi magari è proprio quello che cerchi: sentirti sempre indispensabile per tuo figlio e tenerlo sempre legato a te.

Ma che succederà quando non potrai esserci?

So che conosci per certo qualcuno che ha quel figlio lì, sì, quello che non riesce neanche a fare la spesa da solo. A 40 anni.

Ecco, se vuoi quello, continua col metodo del controllo e avrai una bellissima appendice di te che non prenderà neanche la decisione di vestirsi senza il tuo consenso.

Scoprirai che invece la cosa più rivoluzionaria che puoi fare come genitore è un’altra: dare fiducia a tuo figlio. Ci saranno sempre regole, orari e impegni da rispettare, ma cambierà l’approccio: tu lo riterrai responsabile delle sue scelte, con cui potrai essere d’accordo o meno, ma che dovrai – ripeti con me – sempre, sempre, sempre rispettare.

La tua ansia di controllo è il tentativo di non sentire il tuo dolore.

Seguendola, stai pagando un caro prezzo: limitare la tua libertà.

Controllando tutto, limiti anche tutto.

Invece sai, spesso le occasioni vengono dagli imprevisti, dalla strada sbagliata, dalle apparenti perdite di tempo.

Accettare l’incerto vuol dire abbandonare la catena del perfezionismo e iniziare un viaggio.

Se vuoi, possiamo farlo insieme.

 

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